Umili, solenni, vestiti in nero
di Patrizia Ferrando
Le commemorazioni, con le annesse cerimonie religiose e i più specifici momenti civili, talvolta rischiano di passare alla stregua di svolte obbligatorie del calendario e di essere trattate in maniera sbrigativa, se non con sciatteria, impoverendo di conseguenza momenti significativi.
Qualcuno penserà che conta la consapevolezza della memoria: verissimo, però anche quanto potrebbe apparire esteriorità concorre al significato, diventa forma non priva di sostanza. Le pubbliche commemorazioni condividono con le private esequie di un defunto almeno due aspetti: sono raccomandabili abiti eleganti di colori scuri o molto sobri, con pochissimi ed essenziali accessori, assenza di monili e dettagli vistosi; e diversi sono gli elementi simbolici ricorrenti, come corone, nastri, suoni musicali o di campane. Quale potrebbe, in sintesi, diventare il senso di tali scelte? Le parole chiave sono due: umiltà e solennità. Umiltà nel non volersi pavoneggiare o mostrare troppo quando al centro si colloca il ricordo e solennità come espressione non verbale dell’importanza attribuita dalla comunità alle proprie radici più o meno lontane. Nessuno propone di mettersi in gramaglie per assistere alla deposizione di allori a un monumento, anche se un tempo capitava di commemorare vestiti a lutto.
Proprio per questo un breve excursus sull’uso del nero può aiutare a comprendere.
L’usanza di vestirsi di nero nelle circostanze meste e serie deriva dagli antichi Romani.
Questi, infatti, per la celebrazione di riti funebri, usavano indossare una toga pulla, una stola disadorna di colore grigio o marrone o comunque scura, perché una legge vietava l’utilizzo di tessuti preziosi in tali occasioni.
Poi, però, nel Medioevo i reali di Francia abbandonarono questa tradizione e iniziarono a utilizzare il bianco come colore per il lutto.
Maria Stuarda, la regina di Scozia che fu per breve tempo anche regina consorte di Francia, indossò per esempio abiti bianchi in occasione della morte del marito Francesco II; nel 1560 tuttavia ordinò espressamente che per la sua veglia funebre (morì giustiziata nel 1587) le sue dame indossassero vestiti neri in “stile spagnolo”: il nero era tornato in voga proprio in quel periodo, grazie alla grande influenza della Spagna.
Carlo V e Filippo II, ferventi cattolici, avevano imposto un tipo di abbigliamento molto severo allo scopo di moderare dame e damerini, ma ottennero l’effetto contrario. Il nero finì per simboleggiare la stessa corte spagnola e divenne di moda.
Da qui la scelta del nero fu una consuetudine. Il nero, del resto, è un non colore e come tale è simbolo dell’assenza di luce, dell’oscuro e di quello che non conosciamo.
patrizia.marta.ferrando@gmail.com