Una “piccola Genova” oltre l’Appennino: i palazzi barocchi di Novi Ligure

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Partiamo da qui per promuovere davvero la città?

Nei giorni scorsi a Novi Ligure è stato presentato il volume Novi e i suoi palazzi – Sistemi insediativi dell’aristocrazia genovese tra Seicento e Settecento scritto da Daniela Barbieri (SAGEP Editori, 2021, pp. 271, euro 45): un libro irrinunciabile per chi vuole conoscere storia e bellezza della città piemontese.

Si tratta innanzitutto di una monografia completa, cosa rara nel panorama degli studi storici del territorio novese, caratterizzato purtroppo da una frammentarietà che, qualche volta, sconfina nella ripetitività: al contrario, questo è un volume esaustivo, frutto di anni e anni di lavoro negli archivi, fonti primaria della ricerca storica, e quan-do fa riferimento a studi già esistenti (correttamente riportati in note e bibliografia) li usa come punto di partenza per andare molto, ma molto più lontano.

L’autrice, poi, non si limita alla descrizione di sedici tra le dimore di maggior interesse architettonico del centro storico della città, completandola con il racconto delle storie di quei nobili genovesi che hanno costruito, abitato e, nel tempo, adattato questi palazzi a esigenze e mode sempre in divenire. Daniela Barbieri vi aggiunge schede sintetiche su tutti e venticinque i palazzi barocchi da lei censiti nel centro storico di Novi Ligure, permettendo a noi di avere uno sguardo a tutto tondo su un patrimonio artistico che ancor oggi, nonostante i danni inferti dal tempo e dagli uomini, caratterizza ampiamente la parte antica della città. Oltre ai palazzi descritti in questo libro, infatti, l’età barocca rivestì Novi Ligure di splendide chiese: tra queste, le chiese di San Pietro e della Collegiata e l’oratorio della Confraternita della Maddalena che, assieme alla Pieve, vengono illustrate, in occasioni speciali, dalle volontarie e dai volontari diocesani e dalle studentesse e dagli studenti dell’indirizzo Turistico dell’Istituto “Ciampini – Boccardo” di Novi, tut-te e tutti coordinati dal Museo Diocesano di Arte Sacra di Tortona.

La completezza dell’opera si estende ad altri a-spetti che definiscono l’inquadramento storico-artistico di questo patrimonio. L’autrice analizza i legami tra Genova e i territori oltre l’Appennino utilizzando tutte le chiavi di lettura disponibili: dalla storia politica ed economica (chiaro e pertinente il richiamo alle Fiere di Cambio, interessante e innovativa l’analisi degli interessi legati allo sviluppo agricolo del territorio) alla diffusione, da Genova alle città del suo dominio, e viceversa, di stili e modi di lavorare di cui architetti, scultori, pittori, decoratori e scalpellini si fecero più o meno consapevolmente portatori.

Su questa base, ricca e ben documentata, si può davvero impostare seriamente un’efficace promozione della città sull’esempio del circuito genovese dei “Palazzi dei Rolli” che ha coinvolto palazzi e chiese di Genova, madrepatria della Novi barocca e suo modello artistico e architettonico nel XVII secolo quando, grazie alle Fiere di Cambio (che si svolgevano nel palazzo del Capitano e in alcuni tra i palazzi descritti nel libro), Genova divenne la “Svizzera” dell’epoca e Novi una “Wall Street” nella quale passavano di mano, quattro volte all’anno, somme di denaro pari, in ordine di grandezza, al prodotto interno lordo annuo dell’intera Italia di allora.

Per tale aspetto è fondamentale la ricostruzione dell’importanza e della profondità del rapporto tra Genova e Novi Ligure che troviamo in questo libro: seguendo le storie personali dei nobili appartenenti alle grandi famiglie genovesi, e delle loro attività al di qua e al di là dell’Appennino, Daniela Barbieri è riuscita a riannodare efficacemente i fili di un legame tra il capoluogo ligure e quella “piccola Genova” che fu Novi tra il XVII e il XVIII secolo. Un rapporto che giustifica in pieno l’appellativo “Ligure” che, dall’11 gennaio 1863, è associato al nome di una città che sulla carta è in Piemonte ma che, storicamente, geograficamente e culturalmente, è più vicina a Milano e a Genova che non a Torino.

Andrea Scotto

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