Vaccinazioni anti Covid: che cosa succede nelle Rsa?
L’analisi del professor Giovanni Belloni, già presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Pavia e presidente della Società italiana dei medici delle residenze sanitarie
Incontriamo il professor Giovanni Belloni, già presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Pavia e figura di primo piano nella comunità scientifica non solo regionale, alla Fondazione “Conte Franco Cella di Rivara” di Broni. Nell’ente bronese svolge il ruolo di responsabile dell’Hospice e dell’emergenza Covid. Sono in corso le somministrazioni della seconda dose del vaccino al personale sanitario della struttura e Belloni è lì, in prima linea, a sovrintendere che tutto vada per il meglio. Concreto e schietto come sempre. Qualità apprese dal padre medico condotto e dalla madre, che nel 1965 fondò la sezione provinciale dell’Anffass, «con grande coraggio e determinazione», precisa. Anche lui ha appena fatto il richiamo vaccinale.
Professore, innanzitutto come sta dopo aver ricevuto il vaccino?
«Proprio oggi (giovedì 4 febbraio, ndr) ho fatto la seconda dose. Dopo la prima non ho avuto nessun tipo di problema. Adesso vediamo cosa succede con la dose di richiamo, ma sono assolutamente tranquillo».
Come funziona il vaccino? Una volta effettuato, quando si diventa immuni?
«Sette o otto giorni dopo aver ricevuto la seconda dose. Quindi ad un mese circa dalla prima somministrazione. Questo accade per i vaccini Pfizer e Moderna per i quali è previsto il richiamo dopo tre settimane. Poi, di solito, è necessario aspettare una settimana e finalmente ci si può dire immuni».
In base a quel che sappiamo, questo vaccino protegge anche dalle diverse varianti di cui sentiamo parlare in queste settimane.
«Da quel che so io, non conosciamo ancora molto al riguardo. Indubbiamente essere vaccinati contro il virus “cinese”, indichiamo così quello tradizionale, tanto per capirci, penso che serva a rallentare l’evoluzione del virus variante e quindi contribuisce a diminuire le asperità della malattia. Tenga presente che ogni giorno nasce una variante nuova, per adesso ne abbiamo tre significative, l’inglese, la brasiliana e la sudafricana, poi magari ne arriveranno altre».
Da medico, che cosa si sente di dire a chi ha timore ad effettuare il vaccino? È sicuro?
«Stiamo notando che gli unici effetti collaterali severi si riscontrano in quelle persone che hanno fatto la malattia da Covid, le quali già si sono immunizzate. È chiaro che effettuando la vaccinazione in questi soggetti si crea una iper immunizzazione che può provocare problemi all’organismo. È questa una teoria che anche il professor Massimo Galli sta portando avanti da parecchio tempo e che mi sento di condividere. Quindi io consiglio a coloro che hanno fatto la malattia da Covid con sintomi di sottoporsi a un test sierologico per vedere qual è il titolo anticorpale presente. Se il titolo è alto, è completamente inutile vaccinarsi. A tutti gli altri consiglio vivamente di vaccinarsi, specie a quegli operatori che vengono a contatto con altre persone. È assurdo non farlo; il vaccino è una difesa verso se stessi e verso il prossimo. L’illustre professor Antonio Fornari, il grande medico legale della scuola di Medicina dell’ateneo pavese, a qualche suo studente che gli obiettava che fare una determinata cosa poteva mettere in difficoltà ed avere qualche rischio, era solito rispondere: “Non dovevate fare il medico!”. Il nostro ruolo è quello di operare per il bene della persona e in questo momento il bene della persona è il vaccino».
Alcuni obiettano, anche tra il personale sanitario, che il vaccino è stato realizzato in troppo poco tempo.
«Il vaccino è stato fatto in fretta perché c’è una pandemia. Mi lasci però dire che c’era già una preparazione sull’mRna (la base del funzionamento del vaccino) con studi che durano da oltre quindici anni e quindi non è che qualcuno è arrivato all’improvviso con il vaccino; c’era già tutta una preparazione teorico e culturale ben avviata. È chiaro che c’era bisogno di fondi e i fondi sono saltati fuori perché gli Stati hanno investito un sacco di soldi e le multinazionali, che naturalmente hanno l’obiettivo del guadagno, hanno fatto altrettanto. Tuttavia a me pare che l’approccio di Pfizer e di Moderna sia buono, sia un contrasto efficace al problema dell’infezione, anche se dobbiamo dire, con tutta sincerità, che siamo solo agli inizi della campagna e si potrà dire dei risultati solo fra molto tempo.
Desidero tuttavia ribadire con chiarezza che la prevenzione si fa con il vaccino. La profilassi si fa con le mascherine, ma la prevenzione ha solo un’arma: il vaccino».
Professor Belloni, lei è presidente di “Simersa”, la Società italiana dei medici delle Rsa. Com’è la situazione nelle strutture residenziali per anziani?
«Rimanendo in provincia di Pavia, la situazione è a macchia di leopardo, con strutture nelle quali almeno il 70% degli operatori socio-sanitari si è vaccinato e altre dove purtroppo siamo ancora intorno al 20, 25%, soprattutto a carico di Oss e Asa, più che dei medici e degli infermieri. Pertanto non posso che ribadire che è di fondamentale importanza che chi lavora in queste strutture si vaccini, perché difendiamo noi stessi, ma anche i nostri ospiti. In teoria se si dovesse vaccinare la totalità degli operatori, non avremmo neppure la necessità di vaccinare gli ospiti anziani».
E alla Fondazione “Cella” di Broni, di cui lei è figura medica di primo piano, come sta procedendo la campagna vaccinale?
«Qui la campagna vaccinale va benissimo, siamo al 90%. C’è stato un lavoro di formazione e di informazione. Ed è stato fondamentale perché laddove si è operato così, si è comunque arrivati a percentuali tra il 70 e l’80% molto soddisfacenti».
E per il futuro? Non dobbiamo allentare l’attenzione vero?
«Sempre prudenza. Le pandemie precedenti, il colera, la peste, la spagnola, hanno impiegato in media quattro anni prima di spegnersi. Certo non c’erano i mezzi che abbiamo oggi, ma anche con il Covid dobbiamo stare attenti e non pensare che con il vaccino tutto si risolva. Bisogna avere ancora molta prudenza, avere pazienza e fare sacrifici. Non possiamo pensare di tornare, almeno per due anni, a vivere in assoluta spensieratezza come prima. Avremo a mio avviso la possibilità di spostarci, di andare in vacanza, questo è chiaro, ma senza esagerazioni. Sono tanti i settori – la cultura, lo spettacolo, lo sport – che hanno sofferto e che stanno ancora soffrendo. Vede, se si ragionasse in termini di prudenza, ad esempio anche i ristoratori potrebbero riaprire pure alla sera, osservando le norme. Ma bisogna arrivare a vaccinare il più alto numero di persone possibile.
Io dico a tutti di portare ancora un po’ di pazienza e di usare sempre la mascherina che è indispensabile. Non si può andare fuori senza mascherina, perché noi non sappiamo chi incontriamo».
Marco Rezzani